Egemonia (11). "Politici ai domiciliari" e subalternità ad Israele - Alberto Negri

Egemonia (11). "Politici ai domiciliari" e subalternità ad Israele - Alberto Negri

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di Alessandro Bianchi


Alberto Negri ha raccontato all’Italia per decenni i conflitti che hanno devastato il mondo dagli anni’80 fino alla guerra siriana del 2011-18. Per primo scrisse che la Libia non sarebbe mai tornata unita quando la Nato arrivava all’apogeo del proprio crimine mostrando la testa di Gheddafi. “La più grande sconfitta dalla seconda guerra mondiale per l’Italia”, l’ha definita correttamente. Per primo scrisse che il presidente siriano Assad, dato per caduto da tutto il circo
mediatico italiano, non sarebbe stato abbattuto e che dietro quella “rivoluzione” c’era il solito zampino.

Ci accompagnerà spesso nel nostro percorso di “Egemonia” e per questo primo incontro abbiamo scelto di focalizzarci su Gaza ed in particolare sul ruolo tenuto dall’Italia in questi mesi. Rispetto alla posizione di mediazione storica e di intermediazione che aveva accompagnato il nostro paese nella Prima Repubblica - al punto di renderci il paese europeo più rispettato di tutto il mondo arabo - oggi la nostra posizione è forse quella che porta avanti il fondamentalismo sionista più estremo.

Perché? Come dobbiamo giudicare la posizione italiana in questi mesi di offensiva israeliana su Gaza?

“L’Italia ha seguito in gran parte quello che ha fatto l’Unione Europea, quindi, nulla per frenare lo stato di Israele. Nulla perché come avviene da oltre trent’anni gli europei, Italia compresa, non hanno imposto una singola sanzione per tutti gli insediamenti illegali fatti in violazione degli accordi di Oslo e di tutte le risoluzioni dell’Onu e delle Convenzioni internazionali. Ma, in realtà, l’Italia ha fatto anche qualcosa di peggio…” E su questo Alberto Negri sposta l'attenzione su un fatto fondamentale ma che non ha avuto la giusta attenzione mediatica. E, sottolinea, chi aveva data la notizia ha subito fatto in modo di nasconderla per bene. “L’8 marzo del 2023, praticamente un anno fa, il primo ministro israeliano Netanyahu è venuto a Roma e ha firmato una serie di accordi. Uno, il più importante, è passato praticamente inosservato: si tratta dell’appalto della cybersecurity dei nostri servizi ad Israele. Questo accordo non è piaciuto, al punto che il capo della cybersecurity Roberto Baldoni si è dimesso prima di doverlo firmare…”

Ci interessa molto il discorso. Proprio in questi giorni al Parlamento italiano è stato presentato, infatti, il rapporto di intelligence «Relazione annuale 2023 sulla politica dell'informazione per la sicurezza» dal sottosegretario Mantovano alle Camere che ha più volte ricordato il rischio che corriamo di informazioni alterate nel web e dalla direttrice del DIS Elisabetta Belloni che ha sottolineato come ci siano gravi “rischi di interferenze elettorali". I giornali del gruppo Elkann hanno subito puntato il dito contro la Russia, ma forse, da quell’accordo dell’8 marzo, il paese da dover monitorare per l’Italia è un altro. Prosegue Negri nel ricostruire un passaggio fondamentale per comprendere la subalternità dell’Italia alle scelte di Tel Aviv. “La notizia di questo accordo fa parte di un trend che l’Italia e il governo italiano avevano imboccato già in passato. Il governo Renzi aveva tentato di appaltare la cybersecurity ad una società legata al Mossad con base in Lussemburgo ed era stato frenato dagli apparati dello stato italiano. Questo aspetto è di importanza chiave per comprendere il nostro rapporto con lo stato di Israele: un rapporto di subordinazione e non di indipendenza e sovranità come detto dal governo italiano.”

La questione dell’appalto della cybersecurity italiana agli israeliani è per noi di estrema importanza e incalziamo Negri nel ricostruirci tutta la vicenda. “Vi ricordate il momento preciso in cui Renzi ha iniziato il suo attacco al governo Conte? Proprio sulla famosa delega dei servizi e il governo Conte che aveva stanziato inizialmente 80 milioni di euro per la cybersecurity italiana, nel tentativo di ammorbidire l’opposizione di Renzi era sceso a 20 milioni. Ma questo non è bastato, come non è bastato la scelta di Benassi per la delega ai servizi. Ormai il suo governo era segnato…”

Subordinazione e delega in bianco di poteri fondamentali dello stato. Questo spiega la posizione italiana di questi mesi su Gaza. A rafforzare questa visione, una seconda notizia che non ha avuto lo spazio che meritava secondo Negri. “Qualche settimana abbiamo scoperto grazie ad una società legale statunitense, attivata da organizzazioni palestinesi, che l’ENI aveva firmato un accordo il 29 ottobre per lo sfruttamento del gas palestinese di Gaza. Settimane dopo l’operazione israeliana. Altro che Piano Mattei, altro che fine del capitalismo predatorio! L’Italia, attraverso l’Eni, è andata a firmare un contratto che deruba i palestinesi del proprio gas a Gaza in violazione delle convenzioni internazionali in materia.” L’Eni, precisa Negri, avrebbe dovuto quanto meno sospendere l’appalto firmato in precedenza dopo l’inizio dell’operazione. “Questi due episodi di pubblico dominio non hanno innescato che labili proteste interne ma ci danno la misura di quanto sia grande la subordinazione verso lo Stato di Israele.”

Quando pensiamo al perché l’Italia si sia astenuta alle risoluzioni delle Nazioni Unite sul cessate il fuoco, nonostante la stragrande maggioranza della popolazione sia a favore, o perché il nostro paese non riconosca ancora lo stato di Palestina, o, più in generale perché l’Italia sia complice della brutale repressione dello stato israeliano in corso, Negri ci offre la migliore risposta possibile: “Gli attuali rappresentanti del governo italiano, soprattutto quelli provenienti più a destra, non sono altro oggi che politici ai domiciliari, perché non fanno esattamente il ruolo di sovranisti ma prendono ordini nel loro stesso paese”. Politici ai domiciliari, sintesi migliore non esiste.


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EGEMONIA

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