Tra ferro e fuoco: analisi tattica e strategica dell’Operazione Vera Promessa III
L’Iran dimostra la sua capacità offensiva: missili MIRV, droni Shahed e la fine dell’invincibilità dello Stato ebraico
di Fabrizio Verde
"Finché esisterà l’oppressione, ci sarà resistenza. E finché ci sarà resistenza, ci saranno i missili iraniani".
— IRGC, Operazione Vera Promessa III
La proditoria aggressione bellica di Israele alla Repubblica Islamica dell'Iran, avvenuta il 13 giugno scorso, ha segnato una svolta cruciale nel confronto regionale tra Teheran e lo Stato sionista ebraico. L’aggressione israeliana — che ha colpito obiettivi nucleari, militari e civili iraniani causando la morte di centinaia di persone, tra cui comandanti di alto rango, scienziati nucleari e civili innocenti — è stata immediatamente seguita da una risposta senza precedenti da parte delle Forze Armate iraniane, guidate dal Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC).
La risposta iraniana, denominata ‘Operazione Vera Promessa III’, ha rappresentato una dimostrazione di forza tecnologica e tattica mai vista prima. Il 23 giugno, nella ventunesima ondata di attacchi, l’Iran ha per la prima volta schierato operativamente il missile balistico Kheibar Shekan (noto anche come Qadr-H), un sistema avanzato dotato di testate multiple (MIRV) capaci di saturare e superare i sofisticati sistemi di difesa aerea israeliani.
Il Kheibar Shekan: un salto tecnologico strategico
Il Kheibar Shekan rappresenta un notevole progresso nell’arsenale balistico iraniano. Con un raggio d’azione stimato di circa 1.450 chilometri, il missile può colpire qualsiasi punto sul territorio israeliano partendo direttamente dal territorio dell’Iran. A differenza dei modelli precedenti, questo sistema utilizza carburante solido, quindi con un tempo di preparazione ridotto e una maggiore prontezza al lancio - caratteristiche cruciali in un contesto di guerra asimmetrica.
Ma quanto ha veramente destabilizzato il concetto di deterrenza israeliana è la sua capacità MIRV (Multiple Independently targetable Reentry Vehicle). Questo significa che un singolo missile può trasportare e rilasciare più testate, siano esse nucleari o convenzionali, ciascuna diretta verso obiettivi diversi. Tale capacità non solo aumenta esponenzialmente il potere distruttivo di ogni lancio, ma sovraccarica i sistemi di difesa nemici, costringendoli ad affrontare simultaneamente più minacce.
Nell’attacco del 23 giugno, il Kheibar Shekan ha colpito con precisione obiettivi chiave in tutto il territorio israeliano, tra cui la centrale elettrica di Ashdod, provocando diffusi blackout e paralizzando infrastrutture critiche. Altri obiettivi sono stati centrati a Safed, Lachish, Ashkelon, Beit She’an e altri siti militari strategici.
Iron Dome: una “cupola d’acciaio” piena di falle
Per anni, l’Iron Dome è stato presentato come uno scudo impenetrabile contro le minacce balistiche. Tuttavia, gliattacchi di risposta dell’Iran hanno rivelato gravi limiti del sistema difensivo israeliano. Le capacità MIRV del Kheibar, insieme all’utilizzo combinato di missili manovrabili in fase terminale e droni kamikaze Shahed-136, hanno saturato i radar e gli intercettori israeliani.
Secondo fonti analitiche e militari, molti dei missili iraniani hanno viaggiato a velocità comprese tra Mach 2 e Mach 3, rendendo estremamente difficile l’intercettazione. Inoltre, la struttura del Kheibar, realizzata con materiali compositi a bassa osservabilità radar, ha contribuito a ridurre la sua tracciabilità fino al momento dell’impatto.
La combinazione di questi fattori ha reso inefficaci molte unità dell’Iron Dome e del sistema Arrow, aprendo una seria discussione strategica su quanto affidamento possa essere posto nei sistemi di difesa missilistica moderni quando si confrontano con armamenti offensivi evoluti e intelligentemente coordinati.
Strategia ibrida: missili + droni = nuova era bellica
Un elemento distintivo dell’Operazione Vera Promessa III è stato l’uso ibrido di missili e droni. Oltre ai Kheibar, Ghadr, Fattah-1 ed Emad, l’Iran ha schierato droni kamikaze Shahed-136, in grado di volare a bassa quota e ad alta velocità, sfuggendo alle reti radar convenzionali.
Questa sinergia tra sistemi aerei e missilistici ha permesso a Teheran di condurre attacchi multi-direzionali e multi-fase, aumentando ulteriormente la pressione sui sistemi difensivi israeliani. Gli analisti militari definiscono questa strategia come una forma avanzata di guerra asimmetrica, dove la qualità e l’integrazione degli assetti sostituiscono la superiorità numerica.
La fine del conflitto e le reazioni internazionali
Dopo settimane di tensione e combattimenti, Iran e Israele hanno annunciato un cessate il fuoco, grazie alla mediazione del presidente statunitense Donald Trump. Entrambe le parti hanno rivendicato la vittoria: Teheran ha parlato di una “vittoria che ha costretto il nemico a fermarsi”, mentre Tel Aviv ha dichiarato di aver conseguito una “vittoria storica”.
Trump ha descritto l’accordo come un successo diplomatico senza precedenti, sostenendo che entrambi i paesi gli abbiano chiesto la pace quasi contemporaneamente. Ha aggiunto che il suo intervento ha impedito una guerra prolungata che avrebbe potuto coinvolgere l’intero Medio Oriente.
Tuttavia, analisti internazionali, tra cui quelli di Russia in Global Affairs, hanno definito il risultato “logico ma precario”. Secondo la loro visione, né Israele né l’Iran avevano interesse a prolungare il conflitto. Tel Aviv non è riuscita a eliminare la minaccia nucleare iraniana né a destabilizzare il governo di Teheran, mentre l’Iran non è crollato come auspicavano gli aggressori.
Anche il corrispondente del quotidiano britannico The Guardian, Julian Borger, ha sottolineato che i veri vincitori e perdenti emergeranno solo nel lungo termine. Quel che è certo è che il bilancio umano e materiale è stato pesante per entrambi i contendenti, e la stabilità regionale rimane fragile.
Implicazioni geopolitiche e prospettive future
L’attacco iraniano non è solo una risposta militare, ma anche un chiaro messaggio politico e strategico. Teheran ha dimostrato di possedere una capacità operativa autonoma, capace di infliggere danni tangibili a uno dei paesi militarmente più avanzati del Medio Oriente e che si riteneva pressoché invincibile. Questo evento segna un cambio di paradigma nella deterrenza regionale: l’Iran non è più solo un soggetto passivo, ma un attore con una credibilità strategica rafforzata, capace di far crollare il mito dell’invincibilità iraniana.
Inoltre, il successo dei missili iraniani potrebbe incoraggiare altri paesi della regione a investire in tecnologie simili, alterando ulteriormente l’equilibrio di potere.
La forza dell’Iran
Dopo l’attacco bellico israeliano del 13 giugno, l’Iran ha risposto con una campagna militare precisa, mirata e altamente simbolica. Il Kheibar Shekan ha rappresentato la punta di diamante di una strategia che integra tecnologia avanzata, innovazione tattica e volontà politica. La cosiddetta “Cupola di Ferro” si è rivelata fragile come un colabrodo, aprendo una nuova era nella guerra missilistica del XXI secolo.
Teheran ha mostrato che non teme né le minacce né le aggressioni, e che la sua deterrenza è ormai fondata su una base tecnologica reale. E mentre l’entità sionista si trova ad affrontare una crescente vulnerabilità strategica, l’Iran ha confermato il proprio ruolo di potenza regionale. Un attore geopolitico globale capace di far rispettare la propria sovranità e autonomia.