La tregua di Gaza, Donald Trump e gli Accordi di Abramo 2.0

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La tregua di Gaza, Donald Trump e gli Accordi di Abramo 2.0

 

di Clara Statello per l'AntiDiplomatico


Notte di festa e speranza in Palestina. Le strade di Gaza sono un tripudio di donne, uomini e bambini festosi, colorate da una miriade di bandiere palestinesi e da canti di felicità e vittoria. I video dei convogli con gli aiuti, che finalmente entravano dai valichi sbloccati, segnano la fine della fame e del ricatto. Una svolta.

L’accordo era nell’aria. Già la mattina di martedì il Wall Street Journal e Associated Press avevano anticipato la finalizzazione dell’intesa. L’annuncio ufficiale, riportavano, sarebbe potuto arrivare addirittura in giornata. È arrivato invece mercoledì pomeriggio. Ma era cosa fatta. Come si vede dai filmati pubblicati da Middle East Spectator, poco prima che Mohamed Al Thani comunicasse il fatidico accordo, i miliziani di Hamas e della resistenza palestinese erano già usciti dai tunnel e sfilavano in mezzo alla gente festante. Alcuni con fucili e passamontagna, altri armati ma con il viso scoperto. È stato il segnale della fine dei combattimenti. Per una volta nei cieli di Gaza sono esplosi fuochi pirotecnici.  

Nel suo comunicato ufficiale Hamas ha chiaramente definito l'accordo di cessate il fuoco un risultato “della leggendaria resilienza del nostro popolo e della nostra coraggiosa resistenza nella Striscia di Gaza per oltre 15 mesi". Non una vittoria ma “un punto di svolta nel conflitto con il nemico, sulla strada per raggiungere gli obiettivi di liberazione e ritorno del nostro popolo.”

Il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica in Iran ha salutato la tregua come una "grande vittoria" per i palestinesi e una "sconfitta" di Israele. Ansarallah in Yemen e le forze dell’Asse della Resistenza in Iraq hanno annunciato di conseguenza lo stop agli attacchi contro obiettivi israeliani.

Al di là della comprensibile soddisfazione dei palestinesi, la situazione resta delicata per diverse ragioni.

Innanzitutto la tregua entrerà in vigore soltanto domenica. Mentre a Gaza si continua a morire (almeno 45 vittime dei raid israeliani soltanto stanotte, ma Al Jazeera parla di 75 morti), si teme che Israele possa violare o addirittura far saltare l’accordo. Per i partiti del cosiddetto “sionismo religioso”, guidati da Smotrich e Ben Gvir, il cessate il fuoco è una clamorosa sconfitta.

Israele non ha raggiunto gli obiettivi strategici di distruggere Hamas e di insediarsi a Gaza. Questa è indubbiamente una vittoria della resistenza palestinese. Ma è una vittoria parziale pagata, con un prezzo altissimo. Si ferma lo sterminio dei palestinesi, migliaia di prigionieri – anche con lunghe condanne – saranno liberati, ma l’assedio di Gaza continuerà, come continueranno la brutale occupazione e le politiche di Apartheid in Israele. Non si prevede un riconoscimento della Palestina come Stato. Il sionismo come ideologia e politica coloniale non è affatto giunto al capolinea.

Per capire chi ha ottenuto una vittoria totale, occorre guardare la tempistica: il cessate il fuoco entrerà in vigore il 19 gennaio. Il giorno seguente Donald Trump assumerà l’incarico presidenziale alla Casa Bianca. Sarà lui a gestire le varie fasi dell’accordo. Potrà rivendicare il merito di aver posto fine ad un sanguinoso massacro prima del suo insediamento, come aveva promesso in campagna elettorale.

Ed in effetti è stato il primo ad aver annunciato un accordo per la liberazione degli ostaggi, non Al Thani. Ufficiosamente, con un post del suo social network, Truth. La CNN ha tentato di mostrare l’accordo come il risultato del lavoro congiunto delle squadre di Trump e Biden impegnate nei negoziati in Qatar.

“La cooperazione tra i due è stata "quasi senza precedenti" e resa possibile grazie a “un raro incrocio di interessi tra acerrimi rivali che hanno entrambi visto un'apertura dopo la vittoria di Trump”.

La proposta approvata è sostanzialmente quella presentata da Biden a maggio, ma l’arrivo di Trump per il  Financial Time è stato il fattore X, ovvero l’acceleratore che ha consentito di finalizzare l’accordo dopo tanti mesi di trattative e annunci a vuoto.

Netanyahu non ha margini per opporsi a Trump, come ha fatto finora con Biden. E Trump ha fatto capire agli israeliani che non vuole trovarsi a dover gestire una guerra in Medio Oriente, una volta insediato alla Casa Bianca.

Il premier israeliano dovrà dunque far digerire l’accordo alla destra estremista, sua alleata di governo, e mantenere quanto concordato con Washington.

La pace nella regione, per gli Stati Uniti è soltanto un tassello della più ampia partita geopolitica con la Cina. Trump ha bisogno di resettare l’area ad una situazione pre-7 ottobre, per normalizzare i rapporti  tra Israele e Arabia Saudita. Un nuovo patto servirà a contenere da un lato l’Iran dall’altro l’espansione della via della Seta.

In un post su Truth in cui si attribuisce ogni merito per “questo EPICO accordo di cessate il fuoco”, Trump promette che ne sfrutterà lo slancio per “espandere ulteriormente gli storici accordi di Abramo”. Ciò consentirà di sbloccare quei progetti regionali fortemente sostenuti dagli Stati Uniti per creare un’alternativa alla via della Seta, come il corridoio India-Medio Oriente-Europa. Meglio noto come Via del Cotone, il progetto prevede la creazione di una rotta che colleghi Europa ed India attraverso una serie di infrastrutture, per lo più porti, ferrovie e cavi sottomarini). Il corridoio comprenderebbe anche Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Giordania e Israele. Nel settembre del 2023, la Casa Bianca aveva annunciato la creazione della Partnership for Global Infrastructure and Investment (PGII) per finanziare i progetti. Meno di un mese dopo l’operazione tempesta Al Aqsa ha riportato sotto gli occhi dell’opinione pubblica mondiale la questione palestinese, mettendo in imbarazzo quei paesi arabi che stavano aprendo a Israele. Adesso la Casa Bianca ha un’opportunità per far ripartire quei progetti che sostanzialmente potranno rallentare l’affermazione del mondo multipolare, mettendo un freno all’espansione dell’influenza della Cina e mantenendo l’egemonia statunitense nella regione.

D’altra parte i commenti di Trump, che ha promesso di sradicare la resistenza palestinese da Gaza, ed il suo sostegno incondizionato e radicale ad Israele, macchiano di un’inquietante ombra questa vittoria, che dovrebbe garantire il ritiro totale delle forze israeliane da Gaza.

È troppo presto per un bilancio o previsioni, ma oltre a condividere la felicità degli abitanti di Gaza per la fine di un incubo, bisogna tenere ben presente che Washington non mira alla pace o ad una soluzione giusta e definitiva della questione palestinese, ma soltanto a mantenere e consolidare il proprio primato di potenza a guida dell’ordine internazionale globale.

Bisogna anche tenere ben in mente, affinché non si ripetano più, gli orrori di questa spietata guerra durata quindici mesi, con un pesantissimo bilancio quasi 47 mila persone uccise dalle bombe israeliane, tra cui più di 17 mila bambini. Non potremo mai dimenticare i numeri scritti a penna sugli arti dei bambini, per il riconoscimento in caso di morte, le tante madri che non riuscivano a staccarsi dall’ultimo abbraccio ai fagottini bianchi, le fosse comuni, i carri armati negli ospedali, medici e infermieri arrestati come criminali, torturati, giustiziati. Orrori resi possibili dal sostegno e dall’omertà delle democrazie liberali di Occidente.

Clara Statello

Clara Statello

Clara Statello, laureata in Economia Politica, ha lavorato come corrispondente e autrice per Sputnik Italia, occupandosi principalmente di Sicilia, Mezzogiorno, Mediterraneo, lavoro, mafia, antimafia e militarizzazione del territorio. Appassionata di politica internazionale, collabora con L'Antidiplomatico, Pressenza e Marx21, con l'obiettivo di mostrare quella pluralità di voci, visioni e fatti che non trovano spazio nella stampa mainstream e nella "libera informazione".

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