Ma quale "comunità internazionale"?
Il colonialismo e il "fardello dell'uomo bianco" sono ormai alle spalle: l'occidente se ne faccia una ragione
di Diego Angelo Bertozzi
In nome della "comunità internazionale" viene ormai giustificato di tutto, in primis le aggressioni militari o gli embarghi economici. Proprio per questo sarebbe opportuno chiedersi cosa sia la "comunità internazionale" e, soprattutto, chi la componga. Questo perché da tempo a farsene quasi esclusiva interprete è stata un'alleanza militare regionale - ma in continuo ampliamento - come la Nato.
In nome della "comunità internazionale" viene ormai giustificato di tutto, in primis le aggressioni militari o gli embarghi economici. Proprio per questo sarebbe opportuno chiedersi cosa sia la "comunità internazionale" e, soprattutto, chi la componga. Questo perché da tempo a farsene quasi esclusiva interprete è stata un'alleanza militare regionale - ma in continuo ampliamento - come la Nato.
Si veda il caso della Siria: a chiedere la rimozione del presidente Assad o a prospettate "no-fly zone" o "safe zone" è, ancora una volta, la comunità internazionale. Ebbene, in questo caso a comporla sono essenzialmente i Paesi occidentali membri della Nato e i loro alleati - non certo esempi di democrazia - del Golfo. Forse che Paesi come Brasile, Cina, India, Russia, Sudafrica - i cosiddetti Brics la cui forza economica e politica è in costante ascesa - non ne fanno parte, pur rappresentando all'incirca la metà dell'umanità? Eppure, sempre nei confronti della Siria, la loro posizione è assai diversa da quella dei cosiddetti "Amici della Siria": rispetto della sovranità, rifiuto di ogni ingerenza straniera e di soluzioni militari e richiesta di un processo di riforma interno gestito da governo e opposizione.
Una posizione simile - che sottolinea pure gli “interessi legittimi” della Russia - è stata riconfermata dall’India in relazione alla situazione ucraina: un richiesta di moderazione a chi propone sanzioni economiche contro Mosca. Insomma la "giovane" comunità internazionale, quella rappresentata dalle potenze emergenti, quella del futuro assetto multipolare, non segue i seminatori di guerra di Washington. A questo proposito vale la pena riprendere un editoriale del Quotidiano del Popolo, organo ufficiale del Partito comunista cinese, pubblicato senza firma nel settembre del 2012 - quindi da ritenersi quasi una nota ufficiale - intitolato "How world opinion kidnapped by West’s ‘international community’ rhetoric” che rappresenta un duro attacco nei confronti dell'appropriazione occidentale della comunità internazionale: "Dalla rivoluzione industriale in Gran Bretagna, l'egocentrico modo di pensare che a lungo ha caratterizzato le potenze occidentali è cresciuto con il consolidamento del loro potere. Una delle conseguenze è che alcuni politici occidentali spesso fanno commenti impropri in nome della "comunità internazionale" quando parlano di affari internazionali. Ai loro occhi, essi sono la comunità internazionale".
La posizione di Pechino è chiara: i rapporti di forza non sono più quelli di mezzo secolo fa, il colonialismo e il "fardello dell'uomo bianco" sono ormai alle spalle - anche se la retorica dell'esportazione della democrazia ne riprende alcuni topoi - e il concetto di "comunità internazionale" deve ora adeguarsi e includere le nuove realtà geopolitiche. Conclude l'articolo: "Ora, i media occidentali dominano l'opinione pubblica internazionale, per cui il fenomeno di ingannare e fuorviare l'opinione pubblica mondiale in nome della "comunità internazionale" può continuare per un certo tempo ed è difficile da correggere.
Pertanto, dobbiamo stare attenti riguardo alla "comunità internazionale" citata dai media occidentali e distinguere la vera "comunità internazionale" da quella falsa".
Pertanto, dobbiamo stare attenti riguardo alla "comunità internazionale" citata dai media occidentali e distinguere la vera "comunità internazionale" da quella falsa".