Renzi, Draghi e le classi dominanti europee

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di Federico Fioranelli

 

Soltanto la lettura superficiale della realtà e la mancanza di solidi strumenti interpretativi possono portarci a ritenere veritiera la principale versione dei fatti che in questi giorni stanno propinando i principali canali di informazione del nostro Paese.

La lettura che va più di moda in questo periodo è quella che vede Renzi come una persona che ha un ego ipertrofico e che, pur con un partitino ai minimi termini, fa di tutto per stare sotto i riflettori e al centro dell’agone politico. Questo suo aspetto del carattere lo renderebbe irresponsabile di fronte al momento storico e ad una crisi, che è al tempo stesso sanitaria, economica e sociale, al punto da creare le condizioni da provocare la caduta del governo Conte.

Questa versione dei fatti non è completamente sganciata dalla realtà ma manca di elementi essenziali se vogliamo capire la crisi politica innescata da Renzi prima e l’arrivo di Draghi poi.

Analizzare soltanto il carattere di Renzi non ci permette di cogliere l’aspetto più importante di questo personaggio politico, vale a dire il fatto il essere uno dei rappresentanti più fidati degli interessi delle classi dominanti europee e mondiali. I provvedimenti adottati da Presidente del Consiglio, dal Jobs Act alla Buona Scuola, sono stati sufficienti per farlo accreditare come uno dei massimi garanti italiani dell’oligarchia finanziaria e fargli meritare una cena con Jeff Bezos.

Tornando alla situazione politica attuale, è evidente che le élites europee, costrette, dalla consapevolezza che la crisi che stiamo vivendo possa minare le basi del loro potere, ad erogare al nostro Paese circa 209 miliardi di Euro ripartiti in prestiti (127,4) e sussidi (81,4), nutrano qualche dubbio sul governo Conte. In particolare sul fatto che il tutto da dimostrare “sentimento fortemente anti-industriale” del governo possa far prendere alle risorse del Recovery Fund una direzione non proprio compatibile con gli interessi delle classi dominanti europee.

Così, per avere una assoluta garanzia che le risorse del Recovery Fund non prendano una direzione contraria agli interessi, ai privilegi e all’ideologia dell’élite, è necessario far cadere Conte e sostituirlo con una figura come Mario Draghi, che ha trascorsi in Goldman Sachs come Monti e che sa sicuramente come gestire e dove indirizzare tali risorse.

Solo che per una manovra di palazzo di tale portata serve un pretesto. Quindi entra in gioco Renzi, il massimo garante italiano degli interessi dell’oligarchia finanziaria. Infatti, chi meglio del conferenziere lautamente pagato da Bin Salman, dal carattere pessimo, può trovare facilmente un pretesto buono a far cadere Conte?

Infatti, se lo scopo di Renzi fosse stato semplicemente quello di stare sotto i riflettori, non sarebbe stato meglio continuare a tenere in vita il governo Conte e picconarlo periodicamente con la minaccia di farlo saltare? Non credo che con Draghi a Palazzo Chigi possa avere la stessa visibilità di cui gode questi giorni di crisi politica.

A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca.

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