Corbyn, Sanders ed il Socialismo Piccoloborghese

Corbyn, Sanders ed il Socialismo Piccoloborghese

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di Frunze
 

Sbando ed Esterofilia

Il decennale sbando della sinistra italiana ha demoralizzato gran parte della stessa. Tanti compagni e militanti sono stati scoraggiati dai prefissi telefonici collezionati con regolare cadenza alle elezioni nazionali, locali e financo condominiali. Tuttavia, questo sfascio è prettamente italiano, conseguenza degli sciagurati governi di centro-sinistra di cui non si sono ancora tirate pienamente le somme. Al contrario, la situazione estera offre regolarmente motivi per sperare in meglio: forze della sinistra radicale si sono affermate ed hanno guadagnato consenso in molti Paesi dell’Occidente capitalistico. Questo ha creato grandi speranze, ma anche ripetute ondate di esterofilia per cui la sinistra italiana sarebbe dovuta ripartire dalla Linke, da Podemos o da Tsipras, a seconda degli anni. In ultimo, almeno cronologicamente, sono arrivati Jeremy Corbyn e Bernie Sanders, portabandiera del socialismo nel cuore del capitalismo anglosassone. Il sincero entusiasmo per i due richiede però una minima analisi di classe per capire come una forza marxista, con un chiaro orientamento di classe, si debba porre nei loro confronti.


Chiaramente, Corbyn e Sanders hanno rimesso la parola socialismo al centro del dibattito politico nel Regno Unito e negli Stati Uniti, abbattendo un tabù decennale e spostando l’asse politico marcatamente a sinistra. Tuttavia, entrambi declinano il loro socialismo in maniera radicalmente diversa da quanto faccia la tradizione marxista del socialismo scientifico. Le loro politiche sembrano infatti più vicine alla tradizione utopica e messianica, distaccata dalla realtà delle forme di produzione. Il programma di Corbyn per le elezioni di dicembre pareva una lunghissima lista dei desideri e volutamente ignorava la contraddizione principale della Brexit. Allo stesso modo, Sanders sta scientemente costruendo un enorme castello di promesse di cambiamento radicale della società americana, senza mai indicare i modi concreti della lotta di classe con cui ottenerlo. Questo approccio è radicalmente diverso dalla lezione di Lenin, Mao ed Ho Chi Minh, la quale è prassi rivoluzionaria per vincere il cambiamento sulla base dei rapporti di produzione esistenti.


Corbyn e Sanders fanno invece venire alla mente il film Matrix Reloaded del 2003. Come l’Architetto rivela a Neo che l’Eletto e la resistenza umana di Zion sono parti integranti del sistema, così Corbyn e Sanders paiono essere la valvola di sfogo che riporta la critica all’interno del sistema e ne permette la continuazione.


La classe sociale dietro Corbyn e Sanders


Questo carattere emerge prepotentemente dalla composizione di classe delle campagne elettorali di Corbyn e Sanders, dominate da un ceto urbano, professionale e piccoloborghese1. Infatti, entrambi si riferiscono costantemente alla classe lavoratrice nella loro oratoria, ma il loro staff è composto quasi esclusivamente da colletti bianchi, mobili internazionalmente e padroni degli strumenti culturali. Si tratta dello stesso ceto professionale semi-intellettuale che vent’anni fa fornì la manovalanza ai vari Blair, Clinton e Prodi. Al posto dei braccianti come Di Vittorio, vi sono giornalisti, ricercatori universitari e altri che vengono da un folto sottobosco politico di fondazioni ed enti statali. Questa classe non ha un capitale proprio, ma ha gli strumenti culturali per potenzialmente appropriarsi delle prebende statali, campando di politica. Quanti così ce ne sono stati anche in Italia, che parlavano della classe operaia ma non volevano mai fare l’entusiasmante esperienza del lavoro sotto padrone!


A tal riguardo, il Guardian, giornale della sinistra radicale e salottiera inglese, racconta lo scontro interno nel Partito Laburista dopo la sconfitta di dicembre. Il Partito Laburista riporta infatti che gli stipendi medi dei suoi funzionari sono 51,400 sterline l’anno (equivalenti a circa 5,100 euro al mese lordi)2. Tuttavia, questo non include i vari assistenti parlamentari, molti dei quali dovranno essere licenziati visto che sono stati persi 60 seggi su 262 nella precedente legislatura. Ebbene, il Guardian rivela che queste posizioni avevano un salario tra le 104,000 e le 92,000 sterline annuali (tra 10,000 e 9,000 euro al mese lordi)3, da cui nulla veniva versato al partito. Si tratta di stipendi pari, se non superiori, a quelli nelle grosse banche londinesi. Alla stessa maniera, la Fondazione Rosa Luxembourg, importantissimo centro studi della Linke tedesca e legatissimo a Corbyn e Sanders, paga i suoi dipendenti in media 5,000 euro lordi al mese4. Non si tratta di proletari.


Viene poi il sospetto che la cosa sia simile anche nella campagna di Sanders, pur avendo dati meno precisi. Per esempio, Jeffrey Weaver, il coordinatore della campagna nel 2016, prendeva uno stipendio netto di 7,900 dollari al mese. Con tali cifre in ballo non stupiscono gli attacchi al vetriolo e la macchina del fango lanciati per mesi dallo staff di Sanders contro Elizabeth Warren, che pure è loro vicina nei programmi: si tratta di occupare certi posti e certi stipendi, non di vedere passare la propria linea politica (Sanders e Warren insieme hanno vinto il 47% del voto in Iowa).


Questa dinamica sociale può essere letta come una manifestazione della società signorile di massa, affermatasi nei Paesi occidentali dopo la crisi del 2007. I figli della piccola borghesia, cioè della classe media, hanno accumulato anni di educazione e formazione culturale, grazie agli ingenti mezzi economici delle loro famiglie. Hanno poi potuto fare stage gratuiti presso i partiti e frequentare le organizzazioni politiche, liberi dalla necessità del lavoro salariato. Hanno così raggiunto una padronanza dei mezzi culturali, ma non hanno ancora un reddito in linea col loro status sociale. Il supporto attivo per Corbyn e Sanders diventa dunque la loro occasione per ottenere queste ambite posizioni in politica, con i relativi e generosi salari. Non a caso, moltissimi nello staff di Corbyn e Sanders sono trentenni con lavori ad alto prestigio sociale, ma a basso o precario salario (giornalisti e ricercatori universitari in primis), che ora cercano il posto fisso in politica. L’università, la politica ed il mondo culturale sono infatti settori in cui tanti sgobbano e pochi percepiscono alti redditi: basti pensare ai vari baroni nelle facoltà o a certi giornalisti in Rai. Umanamente, questi trentenni non sono riusciti ad assicurarsi quei posti privilegiati ed ora cercano di sistemarsi altrove, con salari adeguati al loro status sociale.


Trotzkisti per caso, anticomunisti per convinzione


Questa origine di classe e queste motivazioni prettamente economiche sono però nascoste dietro strati di retorica. In maniera solo apparentemente contraddittoria, questa retorica si manifesta come feticismo per il socialismo reale sovietico e col dichiararsi trotzkisti al tempo stesso. Corbyn stesso era il referente dei trotzkisti a Londra negli anni ’80 (Corbyn iscrisse alla sua sezione londinese Tariq Ali, l’autore di “Trotsky for Beginners”), come Sanders lo è oggi apertamente negli Stati Uniti (Kshama Sawant e altri candidati locali filo-Sanders sono dichiaratamente trotzkisti). Ciò non deve sorprendere.


Infatti, questo ceto piccoloborghese semi-intellettuale si richiama all’esperienza sovietica, stalinista e brezneviana, e al trotzkismo per dirsi socialista, ma prendendo le distanze da chi il socialismo lo sta costruendo veramente oggi (Cina in primis). Il trotzkismo, o l’ammirazione per Stalin, di questo ceto non è una vera adesione ideologica, ma uno strumento culturale per pararsi dalle critiche. Paradossalmente, queste persone potrebbero non aver nemmeno mai letto Trotzky o Stalin, ma richiamandosi all’esperienza storica dell’uno o dell’altro (o di entrambi) possono dire di essere socialisti in maniera diversa da chi oggi costruisce il socialismo realmente: con una raffinata operazione ideologica screditano invece gli altri e rivendicano su di sé il mantello di unici veri socialisti, seppur solo in teoria e non in pratica.


Non a caso, le riviste (Jacobin, Tribune) ed i centri studi (Fondazione Rosa Luxembourg) vicini a questa classe esaltano ciò che fu e attaccano duramente ciò che è ora: Cina, Venezuela e Siria in primis. Per esempio, i Socialisti Democratici d’America, il gruppo attorno a Sanders, hanno organizzato insieme a Jacobin, la rivista di Sanders, un evento chiamato “Socialismo 2019” dove sono stati invitati numerosi anticomunisti e critici dell’antimperialismo5. Alla conferenza, ci sono stati seminari contro Cuba, il Nicaragua e la Cina, che venivano attaccati tramite una retorica fintamente socialista: l’Osservatorio Sindacale Cinese, lì ospite, è per esempio finanziato dal governo statunitense e cerca di screditare le credenziali socialiste della Cina.


Loro sono il 9,9%


Visti sotto questa lente di classe, i programmi di Corbyn e Sanders appaiono dunque più chiari. Corbyn e Sanders incarnano quel 9,9% della popolazione, schiacciato tra lo 0,1% ricchissimo e il 90% in via di pauperizzazione. Questo 9,9%, oggetto di un bellissimo articolo sul The Atlantic l’anno scorso6, ha gli strumenti culturali per egemonizzare il 90% contro lo 0,1%. Il neoliberismo ha spremuto il 90% sin dagli anni ’80 e poi dopo il crollo dell’Unione Sovietica, ma solo la recente reazione post-2007 ha veramente attaccato questo 9,9%. La piccola borghesia (o meglio, la sua frazione) che supporta Corbyn e Sanders vuole sì fermare la reazione neoliberista col suo carattere oligarchico, ma nemmeno vuole rinunciare ai benefici che ne ha inizialmente ricavato per il primo ventennio: l’opposizione alla Brexit del Partito Laburista nasce qui. Questa è la classe sociale che fa l’Erasmus, vola con Ryanair e trova impiego nelle istituzioni europee. Questa classe piccoloborghese vuole che ritornino i posti di lavoro ben pagati per le professioni culturali, ma non vuole rinunciare all’infrastruttura paraschiavistica che ne garantisce il tenore di vita: braccianti immigrati nei campi, riders e badanti per citarne alcuni. Per loro il socialismo è dunque una tendenza culturale, con cui ammantare e nascondere il proprio carattere piccoloborghese: il feticismo per il socialismo reale è per loro archeologia, non voglia di ricostruirlo.


Se questa è la situazione, essa è molto complicata. Ci si trova infatti in mezzo a lotte di classi, dove più classi si scontrano l’una con l’altra per i frutti del lavoro: Marx infatti parlava di “Klassenkämpfe” (lotte di classi, dove sia le lotte che le classi sono declinate al plurale). In questa semplificazione, che ignora le fratture in ciascuna classe, ci sono tre classi in lotta fra loro, ma una sembra destinata a portare l’acqua al mulino di una delle altre due: questa è la classe lavoratrice. Al momento, pare che il 90% debba scegliere se supportare Jeremy Corbyn o Boris Johnson, Bernie Sanders o Donald Trump. In Inghilterra i lavoratori hanno prestato il loro voto a Boris Johnson, convinti dalla sua promessa di realizzare la Brexit e dalla sua visione di un conservatorismo statalista (incluse varie nazionalizzazioni). Non sappiamo ancora chi voterà la classe lavoratrice americana, ma lo stesso ragionamento si può trasporre anche in Italia.


Tale constatazione non è un’equidistanza o un’indifferenza rispetto alla classe che emergerà vincitrice, quanto la comprensione che qualsiasi alleanza tra classi è tattica e transitoria perché i rispettivi interessi non sono gli stessi. Bisogna dunque rompere questo meccanismo. Inoltre, la grande mobilitazione popolare attorno a Corbyn e Sanders dimostra che la classe lavoratrice esiste, fermenta ed aspetta qualcuno che ne veicoli le speranze.


Da tempo è nota l’egemonia culturale che classi più abbienti hanno sulla classe operaia. Se n’è discusso tanto, anche in Italia, circa la mutazione genetica del PCI storico. Non è un argomento semplice, né privo di contraddizioni. Tuttavia, i comunisti si devono porre l’esigenza di ricreare quell’intellettuale collettivo della classe operaia che solo ne può garantire l’emancipazione, prima culturale e poi rivoluzionaria.


Corbyn e Sanders hanno sdoganato la parola socialismo, rimettendola al centro del dibattito politico. Loro e le loro campagne hanno probabilmente altri fini, ma per l’eterogenesi dei fini questo fatto è immensamente progressista. Bisogna fare ora il passo successivo: riempire di significato questa parola. Solo un partito comunista può farlo.

1 https://www.politico.com/magazine/story/2018/10/30/democratic-party-culture-divide-wars-working-class-blue-collar-221913

2 https://labour.org.uk/wp-content/uploads/2019/08/NEC-Annual-Report-2019.pdf

3 https://www.theguardian.com/politics/2019/dec/18/labour-party-staff-angry-at-handling-of-possible-redundancies

4 https://www.rosalux.de/fileadmin/rls_uploads/pdfs/stiftung/Jahresbericht_2018_engl_Web.pdf

5 https://thegrayzone.com/2019/07/06/dsa-jacobin-iso-socialism-conference-us-funded-regime-change/

6 https://www.theatlantic.com/magazine/archive/2018/06/the-birth-of-a-new-american-aristocracy/559130/

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