Il politically correct e la follia della cancel culture

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di Andrea Rozza

Sono passati tre anni da quando una piccolissima parte di mondo, preso da un’isteria collettiva fatta di disagio, ignoranza e menefreghismo, scrisse una delle pagine più buie per quanto riguarda la nostra storia recente. Il 25 maggio 2020 un cittadino afroamericano di nome George Floyd morì dopo ore di agonia a causa delle vili violenze perpetrate dalla polizia di Minneapolis nei suoi confronti. Un vergognoso abuso di potere riscontrato facilmente attraverso un filmato.  Non è il primo e non sarà l’ultimo atto di violenza che una parte delle forze dell’ordine statunitensi, spinta da un irrefrenabile razzismo, compie ai danni di cittadini statunitensi colpevoli solamente di avere un diverso colore della pelle. Il fatto, oltre ad aver creato indignazione, generò un nobile movimento di protesta mondiale di difesa dei diritti delle minoranze e contro ogni genere di razzismo che riuscì a far valere tutta la sua forza propulsiva grazie a manifestazioni provenienti da tutto il mondo. Tale movimento, però, fu fin da subito indecorosamente infangato da una non ristretta minoranza di persone ree di aver trasformato tale pacifica protesta in un odio contro qualsiasi forma che non si adattasse alla loro visione radicale. Il fatto più grave, oltre agli scontri e a vere proprie distruzioni susseguitesi in varie città degli Stati Uniti, è stato il famoso abbattimento e sfregio delle statue di personaggi del passato in tutte le città, finita, fortunatamente, per diventare una sciocca moda passeggera data la sua effimera durata. Tra i numerosi personaggi vituperati, il monumento più famoso e simbolo della protesta fu sicuramente la statua di Cristoforo Colombo colpevole, secondo la visione degli infantili fanatici, di aver dato il via allo sterminio di tutta la popolazione nativa nelle Americhe dopo il suo arrivo nel continente più di cinque secoli fa. Una colpa affibbiatogli ingiustamente e che non lascia neanche stupiti dato il livello di intelligenza di questi soggetti, interessati ad una completa tabula rasa del passato e a vere proprie forme di neonazismo contro coloro che osano mettersi di traverso.

A pensarci è una formula pericolosissima già sperimentata in anni recenti. Le statue nella città di Palmira furono distrutte dai terroristi islamici proprio perché non rispecchiavano certi modelli della loro civiltà. E la fotocopia occidentale di questo scempio non potrebbe fare altro che produrre effetti perversi e controproducenti, come asserisce lucidamente lo storico Alessandro Barbero: «Una battaglia a vuoto, assurda. Una forma di razzismo. […] si è andato costruendo il meccanismo del politicamente corretto, un esempio di come le buone intenzioni possano produrre effetti perversi. Uguaglianza e condanna del razzismo vanno difesi da chiunque li minacci. Ma il fatto che ci fosse gente nel passato che non condivideva quei valori non è una minaccia. Lo diventa se noi abbiamo paura. Cosa rischiamo? Rischiamo se la buttiamo giù. Finché la statua di Colombo c’è, ci sarà qualcuno che pensa sia un grande uomo che ha conquistato l’America, e tanti che pensano che abbia fatto qualcosa di grande senza immaginare che avrebbe provocato una tragedia. C’è molto da imparare in questo. Se invece la togliamo è finita».

Il pericolo è quello di trovarci sempre più persone che, a causa di questi disordini, finiranno per sentirsi chiamati in causa, fomentando inoltre, senza accorgercene, un’ondata sempre maggiore di masnade intolleranti verso movimenti nati con buoni propositi come il Black Lives Matter. Una moda, questa, che travolse tristemente anche il mondo dei cartoni animati come la Disney, tacciando come razzisti o omofobi film capolavoro come “Via col vento”, “Dumbo” o “Peter Pan” per citare degli esempi.

In questo senso, la lettura del giornalista Pierluigi Battista ci suggerisce diversi spunti su cui riflettere: «Gli aggressivi funzionari della “neo-lingua” già analizzata da Orwell definiscono pudicamente «ricontestualizzazione» (un po’ come i Lager maoisti ribattezzati «campi di rieducazione»), questa demolizione e riscrittura delle opere del passato, per stravolgere ed estirpare quella che i solerti esecutori della Disney chiamano “rappresentazioni culturali ormai superate”. Tra i nuovi fanatici della censura, dell’iconoclastia, del rogo di libri e di film, il passato dell’arte, della cultura e del pensiero non va studiato, rappresentato, esaminato, criticato, va «superato», cioè distrutto, cancellato, epurato, “ricontestualizzato” che è l’esatto opposto della doverosa contestualizzazione di un testo, di un’opera, di un’idea, di una parola: cioè quello che si fa normalmente senza bisogno di abbattere le statue come i talebani con quelle di Buddha o dell’Isis a Palmira». Un pericolo, come vediamo, mascherato ipocritamente da “ricontestualizzazione” ma, di fatto, un’elisione vera e propria senza se e senza ma. Una totale e sfrenata voglia di cancellare tutto ciò che non è conforme ad una nuova cultura mono visiva, bollando vergognosamente anche poeti di epoche passate, come Dante o Neruda, rei di descrivere il gentil sesso in maniera misogina e patriarcale, trovando un fedele alleato anche nei movimenti femministi più radicali.

Il mondo di oggi ha dimenticato la parola contestualizzazione e comprensione del passato. Ogni persona, testo e qualsiasi cosa proveniente dalla storia andrebbe innanzitutto posto a stretto contatto con la sua epoca di appartenenza consentendo una lettura giusta e coerente di quello è veramente. Parlando degli uomini del passato, secondo Alessandro Barbero, infatti: «[solo alcuni] erano minoranze illuminate. Tutti erano razzisti, e quasi tutti schiavisti. Socrate aveva degli schiavi, e quanto ai greci, hanno inventato loro il concetto di “barbaro”. Il fatto che una persona del passato avesse opinioni che ai suoi tempi erano ovvie e a noi non piacciono, non può autorizzare ad abbattere le sue statue. A me sembra anche una forma di razzismo: sotto le intenzioni di chi dice “oggi abbiamo certi valori, Churchill non le aveva, Colombo non li aveva, via le loro statue”».

Tradotto: il passato non si cancella, si studia e si comprende. Concludo riportando alcune parole encomiabili dello scrittore israeliano Amos Oz: «Tutti i fanatici tendono a vivere in un mondo in bianco e nero. Il fanatico è uno che sa contare fino a uno e vuole azzerare il “mondo malvagio” da soppiantare con il “mondo a venire”. Ecco: azzerare. Esattamente fare del mondo una pagina bianca in cui dopo aver cancellato tutto ciò che c’è di immondo del passato si riparte dall’anno zero della purezza».

 

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