Caro Mughini ecco perché non andiamo in vacanza a Gaza
C'erano una volta gli intellettuali in Italia. Non li nominiamo, non spariamo sulla Croce Rossa paragonandoli a quelli che abbiamo oggi, altro non sono che opinionisti o "tuttologi".
In pratica, tutto quello che capita sotto gli occhi di questi esseri, presunti onniscienti, diventa oggetto del loro commento senza averne nemmeno le giuste conoscenze.
Questo ibrido, oggi, è rappresentato in Italia da personaggi come Gianpiero Mughini, reduce di quello che fu il '68, salvo poi pentirsi della sua militanza politica scrivendo addirittura un libro, 'Compagni, Addio'.
Nella sua continua abiura degli ideali che un tempo sposava e che magari, chissà, lo vedeva dalla parte dei palestinesi, il buon Mughini, su Dagospia, ha sentito l'impellente bisogno di dire la sua in merito a quella che non è stata altro che un'aggressione di Israele a Gaza provocando la morte di 220 palestinesi, fra i quali 61 bambini e migliaia di feriti.
Senza contestualizzare gli eventi neanche minimamente, non dalla Nakba del 1948, ma almeno partendo dalla lotta dei palestinesi per evitare gli sfratti dal quartiere di Sheikh Jaffrah a Gerusalemme.
Nella sua opinione, prima pontifica su quelle che sono le forze militari in campo, come se fosse una guerra alla pari, poi afferma: "Non ho nessun altro titolo per mettere becco sulla questione."
Non lo avesse mai detto, infatti, rincara la dose sostenendo che se Hamas ha fatto meno vittime è solo perché Israele ha un sistema di difesa missilistico migliore.
Sulla Palestina e i massacri di Israele rimandiamo Mughini alla lettura di questo articolo di Edoardo Galeano e all'ultima intervista di Noam Chomsky. Così magari può mettere becco.
Il finale offre una grande perla che, allo stesso tempo, è un grande rimpianto per la meta delle nostre vacanze.
Infatti, sostiene che le macerie, i lutti, la distruzione che vive Gaza, i palestinesi le devono ad Hamas che, oltre ad essere assassini, sarebbero pure dei ladri che non sanno amministrare gli aiuti che arrivano dall'estero.
In pratica, se "Gaza fosse nelle mani di un gruppo dirigente tedesco o israeliano o nordeuropeo, in questi ultimi vent’anni avrebbe potuto diventare una ridente cittadina che si affaccia sul Mediterraneo. Molti di noi avrebbero scelto volentieri di passarci qualche giorno di vacanza, di tastare con mano le condizioni della gente palestinese, nostri fratelli né più né meno che la gente israeliana."
Povero Mughini voleva darci un consiglio per le vacanze, non voleva mettere il becco e, invece, ha detto una solenne corbelleria.
Lo informiamo che se Gaza è una prigione a cielo aperto e vive una situazione umanitaria disastrosa, con o senza bombe. e se non possiamo andarci per le vacanze, lo dobbiamo al blocco economico israeliano che vige dal 2007, costato all'enclave palestinese bel 16,7 miliardi di dollari di perdite.
A dirlo, è un rapporto del 25 novembre 2020 scorso, redatto della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD). Lo mettiamo qui, in modo tale che lo può leggere con calma e sapere quali sono le condizioni dei "nostri fratelli palestinesi".
Dunque, anche con un gruppo dirigente, tedesco, israeliano ci sarebbe stato poco da fare, nessuna sdraio o ombrellone o tantomeno tintarella sulle spiagge di Gaza.