CONSIDERAZIONI SULLA PRIMA SETTIMANA DI OSTILITA’ IN UCRAINA

CONSIDERAZIONI SULLA PRIMA SETTIMANA DI OSTILITA’ IN UCRAINA

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di Roberto Buffagni

 

CONSIDERAZIONI SULLA PRIMA SETTIMANA DI OSTILITA’ IN UCRAINA

  1. Consultando varie analisi e seguendo le fonti d’agenzia che mi sono parse più equilibrate, mi sono fatto un’idea abbastanza verisimile, per quanto congetturale, della situazione sul campo. Lo schema operativo russo è un esempio da manuale di guerra di manovra, molto somigliante alla campagna sovietica in Manciuria contro il Giappone (1945). L’iniziativa è saldamente in mano dei russi. Il controllo russo dei cieli è quasi completo. Le operazioni principali hanno lo scopo di bloccare le forze ucraine nelle città, aggirarle, e circondarle in una vasta manovra aggirante a tenaglia, che richiederà ancora diverse settimane per concludersi (ovviamente, salvo imprevisti).
  2. L’analisi più informata, equilibrata e persuasiva che ho letto si deve a un analista militare statunitense, Bill Roggio, Senior Fellow di FDD (Foundation for the Defense of Democracies) e direttore del “Long War Journal”. Apparsa il 2 marzo sul sito di FDD, è stata ripubblicata dal “Daily Mail” britannico.[1]
  3. Non è vero che i russi siano in difficoltà, che dessero per scontata una conclusione rapidissima delle operazioni, che l’attacco sia pianificato male.
  4. Si confronti infatti la Blitzkrieg della Wehrmacht contro la Polonia nel 1939, altro esempio da manuale di guerra di manovra. I tedeschi impegnarono due gruppi d’armata, per un totale di 1.5000.000 uomini (in Ucraina, i russi ne impegnano circa 70.000). Bombardarono dal cielo e con l’artiglieria le città polacche, senza riguardo per le vittime civili, che si contarono a migliaia. Uccisi dalla popolazione circa 300 civili tedeschi, i tedeschi risposero fucilando 3000 civili polacchi (“domenica di sangue di Bromberg”) e deportandone 15.000. Le operazioni durarono cinque settimane, dal 1 settembre al 6 ottobre 1939. Rifugiatosi in esilio il governo polacco, la campagna di Polonia si concluse con la resa incondizionata di Varsavia, firmata dal generale polacco Blaskowitz.
  5. L’ONU ha stimato 136 vittime civili nei primi sei giorni di combattimenti. La Russia ha sferrato offensive su cinque fronti, i combattimenti sono durati ininterrottamente per sei giorni. Il numero di caduti civili sarebbe molto basso anche se fosse il triplo della stima ONU. La Russia, evidentemente, si impegna per evitare vittime civili, in vista di una stabilizzazione/riconciliazione dell’Ucraina: l’ucraina e la russa sono popolazioni sorelle, e moltissimi russi hanno parenti in Ucraina. La Russia dispone dei mezzi per effettuare un pesantissimo martellamento delle città ucraine, dal cielo e con l’artiglieria: se li usasse, il numero dei caduti civili si conterebbe a migliaia. Se in futuro il governo russo deciderà di spezzare con il terrore la volontà di combattere della popolazione ucraina, gli basterà ordinarlo ai comandi militari, e ce ne accorgeremo immediatamente: i satelliti registreranno intensi bombardamenti sulle città, con panorami urbani lunari e migliaia di vittime civili, e le immagini delle stragi appariranno su tutte le televisioni occidentali.
  6. In sintesi: l’esito delle operazioni militari è predeterminato. In tempi non lunghi, le FFAA ucraine saranno definitivamente sconfitte. La fornitura di armi agli ucraini non basterà a rovesciare le sorti sul campo; al massimo, prolungherà di un poco le operazioni e costerà altri caduti ai russi. Un’eventuale guerriglia partigiana non può cambiare il risultato del conflitto, anche se può certo aggravare la situazione per i civili ucraini, costare altri caduti ai russi, e indurli a ritorsioni per loro politicamente nocive.
  7. A quanto risulta sinora, non è verosimile che l’Ucraina diventerà “un nuovo Afghanistan” per la Russia, che così vi si impaluderebbe in un conflitto interminabile.
  8. L’obiettivo russo, infatti, non è l’occupazione e la conquista dell’Ucraina, ma la sua neutralizzazione e smilitarizzazione, più il riconoscimento dell’annessione russa della Crimea e dell’indipendenza delle Repubbliche del Donbass.
  9. Se La Russia non riuscisse a raggiungere questi obiettivi de jure perché nessun governo ucraino è disposto a concludere un trattato di armistizio, potrebbe raggiungerli de facto, senza occupare e annettere l’Ucraina.
  10. L’annessione della Crimea è già un fatto. L’indipendenza delle Repubbliche del Donbass è garantita dalla potenza confinante russa. La smilitarizzazione dell’Ucraina potrebbe essere assicurata, al termine della campagna, sbandando le FFAA ucraine, e distruggendo sistematicamente infrastrutture militari, depositi di armi, etc.
  11. Anche la neutralità dell’Ucraina può essere assicurata de facto. Ai russi è sufficiente: a) rivolgere un monito agli USA e alla NATO, che considereranno un casus belli l’ingresso dell’Ucraina nella NATO b) che considereranno un casus belli la violazione dello spazio aereo e delle frontiere ucraine da parte di qualsiasi paese NATO, anche per inviare armamenti c) monitorare, con presidi militari e sorveglianza elettronica, le frontiere ucraine.
  12. Dopo di che, il grosso delle FFAA russe potrebbe rientrare in patria e abbandonare l’Ucraina a se stessa. Questa soluzione, evidentemente, avrebbe gravi costi umani ed economici per l’Ucraina, che sarebbe consegnata all’anarchia: endemici conflitti politico-militari intestini, criminalità dilagante, economia che va a rotoli, emigrazione di massa. Per intenderci, una situazione simile a quella della Libia odierna, dopo l’intervento franco-britannico-americano che ha rovesciato Gheddafi senza insediare un nuovo governo stabile.
  13. Insomma: potrebbe rovesciare le sorti militari del conflitto in Ucraina soltanto l’intervento diretto della NATO. Come ripetutamente chiarito da fonti ufficiali USA, però, esso NON avverrà MAI, per la semplice ragione che un intervento diretto di truppe NATO in Ucraina potrebbe innescare una guerra nucleare con la Russia, la quale è in grado di distruggere Stati Uniti (per tacere delle nazioni europee).
  14. È dunque possibile un coinvolgimento della NATO solo in seguito a incidenti, equivoci, colpi di testa e di mano di singoli paesi NATO: per esempio, se la Polonia decidesse di occupare i territori nell’ovest ucraino, che tra le due guerre furono polacchi e ospitano l’importante città di Lemberg (oggi, Lviv).
  15. È invece impossibile un coinvolgimento diretto della NATO a seguito di una decisione formale dei suoi membri (ossia, in pratica, degli USA).
  16. L’unica altra possibilità di rovesciamento, stavolta politico, delle sorti del conflitto, è il “regime change” in Russia.
  17. È questa, infatti, la strategia che l’Occidente sta perseguendo. Sanzioni economiche, Russia definita “Stato canaglia” e lebbroso morale, messa al bando di tutto ciò che è russo da Dostoevskij ai gatti alle betulle, incoraggiamento di manifestazioni d’opposizione in Russia, apertura di un fascicolo penale presso il Tribunale Internazionale dell’Aja a carico del governo russo, con imputazione per “crimini contro l’umanità”. Tutto ciò, per alimentare disordini tra la popolazione, malcontento delle élites economiche, forze centrifughe negli Stati della Federazione russa, fino a provocare l’implosione del governo federale, e la sostituzione del Presidente V. Putin con un uomo politico gradito all’Occidente. A conclusione, imputazione di Putin davanti alla Corte dell’Aja.
  18. È una replica fedele dello schema operativo adottato con pieno successo contro la Jugoslavia. La differenza è che a) i russi lo hanno studiato con la massima attenzione, e certo hanno predisposto adeguate contromisure b) ma soprattutto, che è impossibile dare l’ultima, decisiva spinta al programma di destabilizzazione mediante la forza militare. Non è possibile bombardare Mosca come fu bombardata Belgrado; né è possibile armare milizie pro-occidentali all’interno della Federazione russa, perché la Russia sta impegnando in Ucraina circa il 15% dei suoi effettivi, e avrebbe risorse più che sufficienti per schiacciarle rapidamente.
  19. In conclusione: l’Ucraina è in trappola. Ad attirarla in questa trappola mortale sono stati, in ordine di responsabilità decrescente: gli USA, la NATO, i paesi UE che hanno collaborato all’operazione Euromaidan del 2014, i dirigenti ucraini insediati dal 2014 in poi.
  20. Il presidente Zelensky e i suoi sostenitori ucraini rifiutano di prendere in considerazione le richieste russe, armano i civili, chiedono l’istituzione di una “no-fly zone” sull’Ucraina, chiamano alla guerra a oltranza, invocano l’aiuto della NATO e della UE.
  21. Non lo avranno.
  22. Glielo dicono ufficialmente, con la massima chiarezza, i dirigenti politici USA: ma il presidente Zelensky e i suoi sostenitori ancora non ci credono, di essere rimasti soli.
  23. Tutto il mondo occidentale rivendica a gran voce la sua totale solidarietà con l’Ucraina in guerra, e tappa la bocca a chiunque s’azzardi a dire una briciola di verità: che questa solidarietà è puramente verbale, e NON PUO’ non esserlo.
  24. Infatti, l’unica solidarietà che conterebbe per l’Ucraina – la solidarietà militare – l’Occidente non soltanto non vuole, ma NON PUO’ darla, perché condurrebbe non soltanto l’Ucraina, ma l’intero mondo sull’orlo del precipizio della completa distruzione.
  25. Tutto ciò, l’Occidente lo sapeva benissimo. Lo sapevano gli USA, lo sapevano i paesi UE, lo sapevano anche il Presidente Zelensky e i suoi sostenitori.
  26. Lo sapevano, ma hanno creduto che bastasse il timore reverenziale al cospetto della superpotenza nordamericana per dissuadere la Russia da un intervento militare. Hanno creduto che la Russia avrebbe continuato a fare quel che ha fatto per quattordici anni, dal Summit NATO 2008 di Bucarest: avanzare proteste diplomatiche, e cercare sempre più affannosamente un’intesa con gli USA.
  27. Hanno creduto possibile integrare de facto l’Ucraina nella NATO, per poi associarvela, al momento politicamente più opportuno, anche de jure.
  28. Integrata de jure nella NATO, l’Ucraina, protetta dall’articolo 5 del trattato, sarebbe stata perfettamente al sicuro: perché certo la Russia non avrebbe rischiato un conflitto diretto con la NATO, con conseguenze incalcolabili.
  29. Si sono sbagliati.
  30. La Russia li ha anticipati, è intervenuta militarmente in Ucraina, sta vincendo la campagna, e verisimilmente non avrà successo, perlomeno prima della conclusione delle operazioni militari, la strategia occidentale di “regime change”.
  31. A questo punto, l’unica mossa politicamente ed eticamente decente che resterebbe ai paesi occidentali, e al Presidente Zelensky che conta su di essi, sarebbe prendere atto della realtà, riconoscere la sconfitta, e condurre una trattativa volta a concludere rapidamente le ostilità e minimizzare i danni per la popolazione ucraina.
  32. Questo purtroppo non avverrà presto, a mio avviso, perché implicherebbe riconoscere che l’ordine internazionale unipolare liberal-progressista a guida USA è finito; e sono compromesse anche le fondamenta ideologiche del liberal-progressismo che strutturano l’intero pensiero dominante nel mondo, in tutte le sue manifestazioni, high-brow, middle-brow e low-brow, per esprimersi con la fortunata formula di Dwight MacDonald.
  33. Se l’UE volesse giustificare la sua esistenza, e riparare ai suoi errori, dovrebbe prendere l’iniziativa di una mediazione efficace e realistica tra gli USA, l’Ucraina e la Russia. Speriamo che lo faccia.

 

[1] https://www.fdd.org/analysis/2022/03/02/putin-not-crazy-russian-invasion-not-failing/?fbclid=IwAR2zh7YXygA3pFZiZAAZZ_xAQ5ULe3Dplq4lqF4LyGmc1Bkw5XCsF0pOSso

 

https://www.dailymail.co.uk/news/article-10569141/Putin-NOT-crazy-Russian-invasion-NOT-failing-writes-military-analyst-BILL-ROGGIO.html

 

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